Cinema

Marocchini. Mostra di fotografia a Spazio 23

Marocchini. Mostra di fotografia a Spazio 23

Il portfolio della mostra Marocchini, realizzato dagli anni Ottanta al 2011, si può ammirare alla Galleria Spazio 23 di Genova. Non ancora per molto tempo, quindi bisogna affrettarsi.

«Le fotografie in b/n sono state scattate dal 1984 al 2001 in località diverse, da Asilah a Fes, dalla Valle del Dades ad Agadir.  Gli scatti a colori sono invece stati realizzati dal 2009 al 2011, fra Essaouira, Marrakech e Safi» (Dall’introduzione alla mostra dello stesso autore).

È vero, la bellezza nell’arte non ne costituisce l’essenza, faremmo torto ai più grandi filosofi che hanno indagato quest’ambito se dovessimo circoscrivere il canone estetico artistico esclusivamente a una questione di bellezza. L’arte ha il compito di aprire una finestra prospettica sul Mondo, sulla Terra che ospita questo mondo; ha il compito di permetterci di guardare in modo nuovo ciò che troppo spesso cade nell’ovvio. In tal modo la fruizione determina un coinvolgimento totale dei sensi. Se per bellezza intendiamo questo, allora sì, potremmo ascriverla senza tema di smentita all’arte come sua cifra essenziale. Una bellezza che attraversa, che scuote, che induce a riflettere, a cercare tra le pieghe della realtà una realtà più reale o a svelarne l’essenza. Le fotografie di Tano Siracusa aspirano a mostrare questa bellezza, che è anche ordine.
Siracusa sostiene che il modo in cui gli uomini percepiscono è disordinato ed è dunque compito della fotografia mostrare un ordine altrimenti non coglibile. Esso emerge come struttura apparente dell’immagine e nasconde una complessità che è possibile intuire attraverso un’attenta lettura della fotografia. Se osserviamo le foto della mostra Marocchini, curata da Piera Cavalieri e ben allestita da Giovanna De Franchi, scopriamo due livelli di realtà: uno è quello esplicito -Tano Siracusa ci racconta il Marocco- l’altro è quello che è possibile definire, con un termine preso in prestito dalla filosofia, “livello noumenico”, che non è riferito a qualcosa che sta al di là della realtà ma piuttosto “dentro” essa. La sua essenza. L’essere della realtà. Se volete: la sua verità. È come se a Tano Siracusa non interessasse l’apparenza - pur se è evidente quanto sia estremamente coinvolto dai fenomeni, a tal punto da volerli sottrarre alla fugacità del tempo - ma piuttosto attraversare le cose, guardarci dentro, respirare l’ignoto che le abita, tirarlo fuori.
E se doveste ritrovarvi a passeggiare tra le caratteristiche due sale dell’esposizione -immerse nella cornice romantica del centro storico genovese, proprio accanto a via Garibaldi, la più bella arteria del capoluogo ligure- vi accorgerete certamente che l’intento di Siracusa non è quello di restituire una semplice narrazione ma piuttosto la «rappresentazione di un tempo paradigmatico», come lui stesso ha affermato; un tempo in cui si scoprono le differenze e le identità, i sogni e le illusioni. Anche illusioni, sì, perché come afferma Siracusa la fotografia spesso “è irreale, illusoria, un doppio che sogna di sostituirsi all’originale”. Eppure la vera fotografia deve sempre sincera. È questo l’elemento prescrittivo affinché sia rispettato quello che il fotografo siciliano chiama il patto, stretto tra chi fotografa e chi osserva: nessuna manipolazione in ciò che si osserva. La fotografia deve essere il coglimento prospettico di un evento realmente accaduto, che avrebbe potuto cadere nell’oblio o nell’ovvietà o nella trascuretezza o nell’incuria di uno sguardo disattento, e invece, strappato sia alla realtà sia al tempo, è davanti a noi in tutta la sua essenza qualificante.

«Il Marocco è stato per me fin da subito lo scenario di un ritorno impossibile, quello della mia infanzia nella Sicilia degli anni ‘50. Un ritorno impossibile eppure evidente, allucinatorio come nei sogni. Gli odori di cibo e gli animali per strada, i mendicanti, i bambini scalzi, i cinema e i caffè pieni di fumo, i denti guasti, le mosche e l’allegria a buon mercato, e poi le donne nascoste, una povertà dura, una gestualità teatrale, a volte solenne: cercavo e fotografavo l’incanto di quel mondo premoderno, la sua armonia, con la consapevolezza che anche lì, dall’altra parte del mare, sarebbe presto stato travolto dalla modernità, proprio come era avvenuto in Sicilia nel secondo dopoguerra» (Ibidem).

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Marocchini
di Tano Siracusa
A cura di Piera Cavalieri
Allestimento di Giovanna De Franchi
Spazio 23 - Fotografia contemporanea
Vico dietro il Coro della Maddalena, 23r
Genova
Dal 7 marzo al 4 aprile

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L’ingresso alla mostra è gratuito. Possibile in galleria l’acquisto delle fotografie

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Orari:
lunedì e martedì su appuntamento (tel.3358175213 o cavalieri.click@gmail.com)
Da mercoledì a sabato 10,30-13 / 17-19

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Altri articoli sulla mostra: Tra Marocco e Sicilia, la nuova mostra fotografica di Tano Siracusa di Giorgio Boratto